LA SCORTECATA

Al Teatro Vascello va in scena, dal 19 novembre al 1 primo dicembre, La scortecata tratta dall’opera che Giambattista Basile, agli inizi del 1600, scrisse in dialetto o lingua napoletana, simile al Decamerone, il libro “Lo cunto de li cunti”, dove vengono narrate 50 fiabe. La scortecata è “lo trattenimiento decemo de la iornata primma”.

Emma Dante, che ha curato la regia, il testo e i costumi, ha preso spunto dall’antico racconto, “pulendolo” e “concentrandolo”, togliendo il lieto fine che ogni fiaba ha e trasformandola in un monito, in un insegnamento per i nostri tempi. l’Io si sorregge sulla pelle e ciò implica un parallelo tra le funzioni dell’Io e quelle dell’involucro che ricopre il nostro corpo che nello scorticamento fuoriesce e straborda dai limiti imposti dalla natura e dalla realtà, lasciando posto alla morte e alla folle ricerca della bellezza.


La scenografia è scarna: due sedie di legno e una porta che rappresentano la catapecchia (vascio) dove vivono le protagoniste. Un piccolo castello, forse a rappresentare una visione onirica, un baule e un lenzuolo bianco che rappresenta un amplesso spassoso, “sottolineato” dalle musiche di “Mambo italiano”.

Un pugno di miseri oggetti che servono a creare una scenografia, impattante, surreale e comica. Ma non c’è bisogno, infatti, di una scenografia hollywoodiana a rendere grande, avvincente, divertente e tragica nello stesso tempo un’opera. Bastano due attori: Salvatore D’OnofrioCarmine Maringola che, rispettando la tradizione settecentesca, interpretano ruoli femminili e maschili; basta affidarsi alla loro bravura, alla loro presenza scenica, al loro fisico e alla loro voce, basta un gioco sapientemente diretto per fare di una fiaba un capolavoro teatrale e un insegnamento umano.  
La lingua è a volte caratterizzata da un napoletano prosaico e la mimica, i cambiamenti di voce, i diversi toni di essa permettono ai due straordinari ed unici interpreti di indossare abiti femminili e non solo, impersonando a vicenda il “RE”.
La trama è presto detta: Rusinella e Carolina, due sorelle vecchie e lacere, non accettano la sopraggiunta vecchiaia, soprattutto “la vecchia meno vecchia” vorrebbe essere giovane, bella e amata … Siccome il lavoro teatrale merita di essere visto, non vi riveliamo il finale … Di giovane nella vecchia Rusinella c’è solo la lingua, la voce che fa innamorare il principe e un dito mignolo reso giovane da un inteso “succhiamento” che lo liscerà e sarà la prova di beltà da mostrare al principe.

Il lieto fine che Basile aveva ideato per Rusinella, cioè “vissero felici e contenti” non c’è, al suo posto la Dante prevede lo scorticamento, che  non è dato vedere perché lo si può solo intuire, grazie ad un coltello che inesorabilmente si sta per abbattere sulla vecchia ed è allora che la storia si interrompe e lo spettacolo ha fine.
Le luci di Cristian Zucaro sostengono e aiutano, sottolineando il linguaggio corporeo e quello simbolico ad es. la luce arancione che all’improvviso illumina, dove prima era tutto nero, i corpi dei protagonisti, dando così inizio allo spettacolo.
Le musiche sono pezzi famosissimi della tradizione napoletana e italiana che rendono ancora più intenso e significativo il fatto scenico.

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