Di solito le mie interviste partono dagli “inizi”: la fanciullezza, i giochi, gli studi, gli esordi, oggi se mi permetti, vorrei iniziare dal presente. I cantanti lirici si presentano in forma molto tondeggiante ma guardandoti contraddici ciò, perché oltre ad essere di gradevolissimo aspetto sei in forma smagliante, cosa fai, è un dono della natura oppure …
Ringrazio i miei genitori prima di tutto, poi faccio molto movimento e mangio sano! A tal proposito comunico che sono stato nominato ambasciatore della dieta mediterranea per il triennio 2022-2024 e penso che mai come ora tutti noi dovremmo stare molto ma molto attenti a cosa mangiare e come mangiare: siamo abituati ad andare nei fast-food ad assumere cibo spazzatura ma ci dovremmo riguardare, dovremmo imparare le regole di una giusta educazione alimentare, trasmetterla ai ragazzi e alle nuove generazioni ed evitare di consumare cibi saporiti ma malsani. Ringrazio il comitato scientifico e il presidente dell’Accademia Internazionale della dieta mediterranea, il Dottor Antonio Leonardo Montuoro che è anche ministro dell’ordine francescano.
Attualmente cosa stai preparando?
Un nuovo Cd e fremo dalla voglia di vedere il film “Acqua alle corde”, in prossima uscita o entro la fine di quest’anno o al massimo entro i primi mesi dell’anno nuovo. Inoltre, con grande soddisfazione comunico che parteciperà alla manifestazione Capri-Hollywood:evento italiano d’arte, cinema e spettacolo.
Ci puoi parlare di “Acqua alle corde”?
Il film intende celebrare Papa Sisto V, interpretato da Enzo Iachetti, nel cinquecentenario della sua nascita. La regia è di Paolo Consorti, regista marchigiano; il cast di tutto rispetto annovera: Enzo Iachetti, Giobbe Covatta, Natasha Stefanenko, Elio e le Storie Tese, Guenda Goria ed io che ho avuto modo di fare una bellissima esperienza personificando il giornalista della Riviera. La trama si snocciola sulle vicende di un regista di provincia, Santini, interpretato da Cristiano Caldironi, a cui viene dato l’incarico di celebrare il Papa vissuto nel ‘600 trasportandolo ai nostri giorni con un musical. Nel film il regista Santini individua la compagnia teatrale famosa che metterà in scena il musical, la compagnia è gli “Eliots’’ capitanati da Elio di Elio e le Storie Tese. In tutto ciò, io sono “prezzemolo in ogni minestra” cioè, il giornalista che pensa che questo musical diventerà famosissimo e quindi spera di fare lo scoop dell’anno e va a filmare e documentare qualsiasi cosa accada.
Che esperienza è stata?
E’ stata un’esperienza bellissima perché ho avuto modo di relazionarmi ed interagire con grandi personaggi, dalla grande professionalità ed umanità per cui si è creata una bellissima intesa e complicità. Il regista Consorti ha avuto la grande abilità di creare una vera e propria famiglia sia all’interno sia all’esterno del set. Ci tengo poi a ricordare tra gli altri: Francesco Sardella, coproduttore con il quale collaboro già da diversi anni, che ha realizzato diversi brani inediti, uno in particolare si chiama “Atomi alla deriva”, è un messaggio diretto a coloro che sono a favore della pace e penso che, mai come in questo periodo, noi artisti abbiamo il dovere di lanciare forti messaggi contro la guerra: messaggi di pace. Come diceva la grande Joni Mitchell: “Quando il mondo diventa un pasticcio enorme con nessuno al timone, è il momento per gli artisti di lasciare il segno”.
Ci puoi anticipare qualche altro tuo progetto?
Ora sto preparando un progetto prettamente canoro perché sono un tenore, però atipico, cioè posso cantare con la voce impostata e con la voce non impostata. In pratica, ho una duttilità che mi consente di eseguire un repertorio che va dalla musica classica alla musica leggera, leggera importante. Cito a tal proposito i miei due cd: “Voice in Paradise” e “La bella Italia”. Il primo comprende brani di musica classica, di musica lirica come anche musiche di film e di musical. Il secondo consta di una serie di brani che dedico ad ogni regione d’Italia. “La bella Italia” è stato realizzato in un’occasione molto particolare quando andai, nel lontano 2017, negli Stati Uniti, precisamente nelI’llinois, dove ho avuto modo di relazionarmi con le varie comunità italiane provenienti da ogni regione; ho intitolato questo cd alla Bella Italia dedicando appunto ad ogni regione italiana un brano; ad esempio: “Vitti ‘na crozza” alla Sicilia, “Calabria mia” alla Calabria, “Volare” (“nel blu dipinto di blu”), ecc … e poi via via discorrendo tutte le altre regioni. Lo scorso agosto sono stato insignito del premio Calabria-America, premio prestigioso che ha creato un ponte tra la Calabria e l’America con continui scambi culturali. Per questo da qui a qualche mese, Covid permettendo, andrò in America per una tournée canora. Faccio una piccola premessa, durante la pre-pandemia ho avuto modo di girare presso i teatri più importanti d’Italia dal teatro San Carlo, alla Pergola di Firenze, al comunale di Bologna, al Pergolesi di Jesi e lì in quell’occasione sono stato inserito all’interno del cast della Turandot di Giacomo Puccini. Dopo la pandemia ho continuato quello che si era interrotto, sono andato in Germania, in Francia, in Spagna e in Croazia iniziando subito dopo ad incidere i brani per il mio prossimo cd.
Durante la pandemia cosa hai fatto. sei riuscito a frenare la tua enorme vitalità e voglia di fare?
In quel periodo ho avuto modo di aprire e chiudere il palinsesto del notiziario vaticano “Crisitianità” che viene passato su Rai Italia, Rai Internazionale e trasmesso nei cinque Continenti. Mi sono esibito in canti prettamente sacri, in pratica ero in collegamento con l’Angelus del Papa e con le messe domenicali.
Hai girato mezzo mondo non solo l’Europa ma anche la Cina, gli Stati Uniti, ecc … Oggi dove vivi?
Vivo a Roma, mi sono trasferito qui da quindici anni, “ormai c’ho fatto il callo”, mi sono trasferito dalla mia amata terra di Calabria, una terra molto bella che però offre poco, abbiamo delle grandissime potenzialità inespresse, tanti come me si sono dovuti trasferire nelle metropoli italiane e all’estero per ampliare sia il lavoro sia le esperienze professionali e umane. Quando posso vado sempre nella mia terra perché gli affetti più cari sono in Calabria e quindi non posso farne a meno soprattutto nel periodo estivo.
Anch’io sono per metà calabrese e le mie cugine, Lidia e Marianna sono a Catanzaro. (N.d.a.)
A Roma siamo arrivati ad 800.000 calabresi, almeno così si dice. Siamo una grande colonia, la più grande città della Calabria è Roma.
Incredibile … ma vero!
Leggendo la tua biografia mi viene da dire che sei stato un bambino prodigio e io penso che invece di piangere già gorgheggiavi e facevi gli acuti, potrebbe essere una battuta ma io credo che sia vero …
In pratica mi catapultarono su un palcoscenico a quattro anni, dicendomi che mi avrebbero da lì a poco regalato un pallone e io salii di getto su questo palco e mi misi a cantare. Mia mamma quando racconta il mio percorso dice che quando ero nel pancione mi faceva ascoltare le musiche di Gianni Morandi, del super molleggiato Celentano, di Riccardo Cocciante, quindi è mia mamma che mi ha dato questo imprinting musicale. Avevo quattro anni quando salii sul palco e mi misi a cantare storpiando un po’ le parole (“Se stiamo insieme ci sarà un perché” con tutti i limiti del caso, intonai: ”Se tiamo intieme ci sarà un pecché e vorrei copillo statera”). Tutti quanti si misero a ridere e a battere le mani e mi regalarono il famoso pallone. Poi da cosa nasce cosa e in pratica mi portarono in una scuola di canto della zona e lì iniziai il percorso formativo-musicale che mi portò ad intraprendere già dall’età di otto anni una carriera e un’attività concertistica. Proprio in quel periodo, infatti, nel 1999, scese da Modena, un direttore artistico: Gianni Franco Cerchiari. Il prefetto di Catanzaro, Gallitto gli commissionò la realizzazione di un’opera: la Tosca di Puccini da mettere in scena a Guardavalle. Era il 1999, anno tragico perché si verificò l’alluvione di Sarno e il ricavato fu devoluto alla popolazione di Sarno. Come spesso avviene il ragazzo che avrebbe dovuto fare il ruolo del Pastorello nell’opera Tosca si ammalò di tonsillite e quindi il direttore Cerchiari si mise alla ricerca di chi doveva sostituirlo. In pratica, per fartela breve la scelta cadde su di me ed io dall’età di otto anni ai dodici anni insieme al citato direttore artistico girai il Nord Italia ed ebbi modo di relazionarmi e lavorare con i grandi della musica lirica come Giuseppe Taddei, Fiorenza Cossotto, Pier Miranda Ferraro, Ferdinando Carrara, Edoardo Guarnera, Stefano Secco, Paola Sanguinetti e tanti altri dell’epoca. In pratica, fino a dodici anni feci esibizioni, performances, alcune erano recital, altri spettacoli teatrali, ricevendo numerosi riconoscimenti internazionali.
Non ti sei più fermato da allora?
Mi fermai per la cosiddetta metamorfosi vocale, mutamento di voce, su consiglio del direttore artistico.
Ci puoi parlare del tuo primo debutto, che ricordi hai?
Il mio primo debutto fu ad otto anni nella splendida chiesa di Guardavalle, dove mi trovai dinanzi a grandi professionisti e lì feci la parte del Pastorello e intonai la splendida aria, con il rintocco delle campane “Io dei sospiri ve ne rimanno tantipe’ quante foje ne smoveno li venti.”. Ricordo ancora questa splendida esperienza, emozionante sì ma relativamente perché ero talmente giovane e piccolo che sentivo dentro quel qualcosa che non sai se è vero o se è finto e se stai facendo qualcosa o se non la stai facendo …. sei catapultato nel contesto lirico ma non hai coscienza di ciò che stai facendo, avevo tanta ingenuità propria del bambino! Da li iniziò il mio percorso musicale costellato da incontri prestigiosi che mi portarono, quando ricominciai, a reimpostare la voce a quindici anni e all’incontro con il maestro Luciano Pavarotti.
La seguente richiesta sorge spontanea, ti chiedo un pensiero, un ricordo del grande Pavarotti …
Più di uno, nel senso che lui era una persona di un’umanità disarmante, generosissima, amava contornarsi di amici e amava le persone con talento. Ho dei ricordi bellissimi di lui, potrei raccontare anche tanti aneddoti ma la cosa che mi è rimasta più impressa è che dava tanti consigli, tanti insegnamenti ma soprattutto affermava che non si finisce mai di studiare, non si finisce mai di imparare.
Regalaci allora un’altra perla, parlaci del tuo incontro col Maestro …
Ho avuto la fortuna di studiare con lui per tre anni e mezzo, ho avuto modo di conoscerlo, ero giovanissimo, avevo appena quindici anni, era nella villa di Pesaro e il tutto mi è sembrato un qualche cosa di surreale, perché l’incontro è nato quasi in maniera casuale. A quindici anni iniziai a fare nuovamente concerti che si erano interrotti a dodici anni (come detto sopra) e durante uno di questi si avvicinò a me una persona chiedendomi un mio cd per farlo ascoltare a persone esperte. A distanza di mesi ricevetti la chiamata da questa persona, la quale mi disse che il mio cd era stata ascoltato da un esperto, al quale era tanto piaciuto da farmi fare un’audizione. Capii subito chi potesse essere la persona e risposi immediatamente di dire a Luciano che senz’altro avrei fatto l’audizione.
Quale reazione hanno avuto i tuoi?
Accanto a me c’era il mio babbo che al suono di Pavarotti, Luciano Pavarotti non riusciva a frenare la sorpresa, la gioia e l’incredulità. Gli raccontai di aver fatto ascoltare il mio cd a Luciano Pavarotti, il quale mi voleva sentire, mi voleva fare un’audizione ed era indispensabile partire per essere l’indomani a Pesaro.
Mio padre non riusciva crederci e dovetti ripetere la notizia, il giorno dopo iniziò a preparare le valigie, poi scese nella strada sotto casa e alle amiche affacciate ai balconi, esternò la propria gioia e soddisfazione tanto da sembrare impazzita e le amiche le dissero “Ritice’ duva stai jendu’’ al che mia madre schietta e sincera rispose, Vado dal mio amico Pavarotti, “vaju da Pavarotti”.
Quando andai nella villa di Pesaro ebbi la fortuna e l’onore di portare con me il mio babbo, mio zio, mio fratello, insomma, tutti quanti al seguito; il Maestro ci ospitò in una splendida dependance, su due piani con piscina e ci ricevette in un salone con le pareti tutte quante verdi e con le finestre blu. Appena arrivati ci portarono subito dell’acqua perché la prima cosa che i cantanti devono fare è non disidratarsi, quindi bere tanta acqua e quei bicchieroni erano bellissimi e colorati. In quel frangente i miei genitori erano alquanto emozionati ed io, come ti dicevo, essendo all’epoca giovanissimo e un po’ ingenuo iniziai ad esibirmi e a cantare alcuni brani. Luciano si rivolse ai miei genitori complimentandosi moltissimo per la mia bravura: e poiché per lui: “la voce è un bicchiere di cristallo facilmente frantumabile”, mi raccomandò di curala nei periodi invernali, soprattutto, utilizzando una sciarpa di lana o di seta nei periodi estivi e suggerendomi di prendere come esempio un grande tenore e cercando di carpire e cogliere le sfumature di colore della voce. Per questo lo porto con me; è come se fosse ancora presente e poi tra le tante cose che egli mi disse alcune cose si sono realizzate altre non ancora, ma può darsi che un domani si realizzeranno. Serbo dentro di me questi splendidi ricordi. Big Luciano amava sempre scherzare nei momenti di pausa quando si e ci concedeva quei 10-15 minuti … Vorrei raccontare anche la piccola gaffe che feci, forse dovuta alle mie origini calabresi. Mi cimentai in un brano antico barocco “Amarilli” di Giulio Caccini e invece di dire Amarilli mi scappò Amarelli, al che il Maestro mi disse: “amarelli, caramelle, liquirizia” e non potei far altro che chiedergli scusa … si susseguirono diversi incontri, andai nelle sue varie residenze: a Pesaro nella Baia Flaminia poi a Modena. Incontrai di nuovo il Maestro che mi convocò presso il Teatro Storchi di Modena dinanzi a Mirella Freni e Raina Kabaivanska che non credevano che io avessi diciassette anni. Ebbi modo di duettare con lui, con il brano sacro “Panis Angelicus”, che è un brano che Pavarotti amava cantare assieme a suo padre Fernando che, a detta del Maestro, se avesse studiato sarebbe diventato più bravo e più famoso di lui. Ne parlo ancora con tanta energia, con tanto amore, con tanto affetto, perché sono cose che porterò per sempre nel mio cuore, indimenticabili.
Quali sono state e sono le difficoltà principali che hai dovuto affrontare e superare per arrivare ai traguardi raggiunti?
Diciamo che le difficoltà sono state molteplici, però avere, comunque, i genitori favorevoli e solidali mi ha permesso di portare avanti la mia passione, è già tanto! Le difficoltà sono nate nel periodo della metamorfosi vocale, nel cambiamento di voce. Consiglio ai ragazzi di stare attenti perché lì veramente si potrebbe incrinare il timbro della voce e quindi magari non forzare, cantare un repertorio più consono e ringrazio immensamente il direttore artistico Gianni Franco Cerchiari per avermi dato proficue dritte, unitamente a splendidi, preziosi suggerimenti; dico a tutti coloro che hanno intenzione di intraprendere questa professione di avere passione, tanta dedizione e di studiare molto e bisogna perseverare, perseverare …
Nelle tue numerose tournee’ hai affrontato tanti tipi di pubblico, quale hai sentito più vicino alle tue corde e quale ti ha trasmesso più emozioni?
Tutto! A me piace tanto relazionarmi con il pubblico e interagire con esso, perché quello che ti dà il pubblico è qualcosa di unico. Mi succede, infatti, sotto questo punto di vista, di essere un po’ sregolato, infatti, quando faccio delle recite teatrali e delle piccole partecipazioni a spettacoli esco sempre fuori dalle righe, nel senso che vado a cercare, non dico il contatto con il pubblico, ma quel qualcosa che crei l’empatia, cerco sempre in ogni caso di trasmettere emozioni che arrivino a loro e che loro in automatico mi rimbalzino. E’ fondamentale per me il contatto con il pubblico, per esempio quando vado nei contesti televisivi in alcune occasioni ci sono i figuranti, in altre, invece, si è in uno studio quasi asettico e allora cerco di immedesimarmi, come se fossi a teatro, e immaginare contesti dove ci sia il pubblico. Non è stato facile, come si può immaginare, durante la pandemia quando andai a registrare le puntate televisive e lo studio era vuoto, allora mi sforzai di immaginare di ritrovarmi all’interno di contesti con pubblico, di anfiteatri e teatri.
Fare il cantante lirico è come tu pensavi oppure è diverso da ciò che sognavi o ti aspettavi?
Questa è una bella domanda. Fare il cantante lirico comporta una serie di sacrifici e una serie di cose che ancor prima di apprestarti a recitare, ancor prima di andare ad esibirsi devi fare: devi riguardarti, devi usare degli accorgimenti, però penso che quando uno canta con enorme passione ed enorme dedizione non diventa un peso, anzi non si vede l’ora di calcare il palcoscenico, di potersi esibire, perché come diceva Pavarotti: “È un dono che ci è stato dato e noi dobbiamo cercare di trasmetterlo a coloro che ci vengono ad ascoltare poi in alcuni casi si arriva al cuore della gente in altri casi non si arriva”. Alcune volte riesci a trasmettere emozioni che si manifestano, magari vedendo sorridere o piangere una persona. Cerchi in tutti i modi di trasmettere quello che tu hai dentro, non è facile descrivere a parole questo tipo di emozioni ma cerco sempre di arrivare al cuore delle persone.
Oltre a Pavarotti a chi ti senti di dire grazie perché ti ha aiutato e sostenuto nella tua fantastica carriera?
Diciamo che dovrei ringraziare tante persone, continuamente, giornalmente, ogni ora ed ogni istante. Penso che un artista sia tale grazie anche alle persone che gli fanno un saluto che gli dicono grazie e quindi sono io che ringrazio loro ma sono loro che in automatico ringraziano me, è una cosa reciproca, è qualcosa che non si riesce a spiegare con le parole penso che faccia parte dell’intero Cosmo. E’ l’enorme affetto che l’artista cerca di dare a qualsivoglia persona con cui venga in contatto e costantemente lo avverto ogni qualvolta mi relaziono con le persone che ho avuto modo di conoscere, chi più chi meno mi dà qualcosa. E penso di fare altrettanto.
Io ti ringrazio,
Ti ringrazio spero di non essere stato logorroico come sono di solito.
No, anzi il tuo approccio è stato leale, profondo e generosamente hai aperto il tuo cuore trasmettendo la tua passione e il rispetto per chiunque venga in tuo contatto, l’amore profondo per la tua terra (ho riportato il tuo dialetto). L’umiltà, l’energia, la voglia di fare e fare bene ti portano a terminare tutto con gioia e amore. Conoscerti è stato arricchente e positivo.