Ringrazio tanto Nando Morra, attore, scrittore e regista, per aver sottratto tempo al proprio lavoro e averci concesso un’intervista molto interessante e significativa. Lo ringraziamo per aver dato prova di grande generosità nel rispondere alle brevi domande, con la speranza di potergliene proporre altre al più presto dopo il suo prossimo successo grande e non ultimo, che auguriamo di cuore.
Ci può raccontare di Lei, della sua infanzia, dei suoi giochi, dei suoi studi?
Nasco a Napoli nel giugno del 1970, sotto il segno dei Gemelli, primo di due figli da una famiglia tradizionale dell’epoca, in cui a lavorare era tipicamente solo il padre, con una madre che gestiva con parsimonia il budget familiare.
Bambino e adolescente timido con il forte senso del non voler deludere le aspettative della famiglia. I miei giochi preferiti da bambino erano i soldatini e con questi davo spazio alla mia fantasia, come credo molti miei coetanei . Gli anni ’80 erano caratterizzati dall’evoluzione del computer ed i miei studi sono stati ad indirizzo informatico. La formazione tecnica mi ha dato una forma mentis scientifica ma crescendo mi sono sempre più sentito attratto da quella artistica, ed oggi posso dire che questo doppio know how mi è servito per dare un po’ di calma al caos.
Cresce a Napoli, una città piena di problemi ma grande in tutti i sensi, madre di attori, cantanti e scrittori, ecc..; cosa pensa di aver ricevuto da essa?
Oggi, che ho superato il mezzo secolo, non saprei ancora dire se nascere a Napoli è più una fortuna o una sfortuna, è una città che sicuramente come tutte le grandi città ha i suoi problemi ma ha pure tanti colori e tante frecce al suo arco ed inevitabilmente contamina chi ci nasce. Mi chiedo se alcuni dei miei miti quali Totò, Eduardo De Filippo, Massimo Troisi, Luciano De Crescenzo etc.. potevano essere quelli che sono stati se non fossero nati a Napoli, ma forse non credo, per cui Napoli, nonostante le sue difficoltà, offre a chi ha una certa sensibilità e del talento innato il carburante per poterlo esprimere ed arricchire. Forse se oggi sono quello che sono, nel bene o nel male, lo devo sicuramente anche alla mia città.
Quando decide di fare l’attore e per di più il regista?
Mi sono avvicinato alla recitazione in tarda età, avevo già superato il quarto di secolo e per essere stato un ragazzo timido che rifiutava pure di fare le recite scolastiche è stato per me una vera sorpresa. Mi ritrovai casualmente su un set e mi innamorai di quella macchina meravigliosa che è il cinema, iniziai allora i miei studi di recitazione, poi i primi agenti cinematografici, i primi provini poi i primi esordi in produzioni di cinema indipendente ma anche grandi produzioni, quella che ricordo con grande piacere è stato lavorare per la serie “La nuova squadra” in onda su Rai3.
La recitazione è stata un colpo di fulmine ma anche la mia sfida a quella timidezza infantile che ho molto detestato ed in effetti mi è servita a combatterla, forse facendomi addirittura strafare nella vita e portarmi ad essere padre di 5 figli da tre diverse donne, ma sono felice di aver creato 5 vite in un’epoca in cui di figli, purtroppo, se ne fanno sempre meno.
A questo primo amore, la recitazione, ho affiancato poi negli anni la scrittura di soggetti e sceneggiature e nel 2018 ho fatto il mio debutto da regista con il cortometraggio “Una vita da sogno” che tratta il delicato tema dell’eutanasia. Poi nel 2021 ho diretto il mio secondo cortometraggio “Il seme della speranza” anch’esso a tema sociale che accende i riflettori sulle problematiche del razzismo e del bullismo. E ora sono alla ricerca di fondi per realizzare il mio terzo cortometraggio dal titolo “Oltre il muro” sul delicato e purtroppo sempre attuale tema della violenza domestica e sull’ omofobia.
Mi sono appassionato alla regia ancora più della recitazione, fino al punto di definirmi “madre dei miei film”.
Ci vuole parlare della Rampa Film?
Dopo avere diretto il mio primo cortometraggio nel 2018, compresi immediatamente quanto mi piacesse fare regia ed in particolare trattare i temi sociali, per cui decisi che dovevo farlo in modo più strutturato e nello stesso anno fondai la RAMPA FILM che è un’associazione di promozione sociale e di cui sono presidente.
Come nasce “Il seme della speranza” e cosa rappresenta per Lei?
Il seme della speranza era un soggetto e sceneggiatura che avevo scritto in collaborazione con altri autori ed era nel cassetto in attesa di fondi per realizzarlo. Questa opportunità venne concessa dalla vittoria di una manifestazione di interesse indetta dal Comune di Monterosso Calabro, provincia di Vibo Valentia.Il corto è stato realizzato con solo 4000 euro che è una cifra veramente minima per un cortometraggio, ma è stato possibile grazie al fatto che sia la squadra tecnica che artistica hanno sposato il progetto e si sono abbassati notevolmente i compensi, io me li sono azzerati, ma era l’unico modo per realizzarlo e ci tenevo che questo prodotto vedesse la luce! … Lo rifarei altre mille volte.
Com’è stato lavorare in Calabria … e come si è rapportato ad attori e maestranze “imposte”?
Il corto è stato poi girato nel Comune di San Nicola da Crissa (VV), un bellissimo borgo a circa 600 metri di altezza e mi sono trovato benissimo come a casa. La manifestazione di interesse che abbiamo vinto era rivolta a dare notorietà al territorio, non c’era nessun vincolo che mi imponeva maestranze o attori del posto, per le maestranze mi sono avvalso di collaboratori campani che già conoscevo, ma per il cast artistico, seppur senza alcuna imposizione decisi che volevo attori calabresi, perché mi sembrava giusto mettere in luce non solo il territorio ma anche chi ci vive e, soprattutto, dare risalto a tanti talenti in ombra e sono molto contento della mia scelta, perché è stato un grande lavoro di squadra ed i tanti premi che sta riscuotendo in Italia e all’estero sono anche il frutto di questa forte sinergia.
Nel suo lavoro ci parla di un mondo problematico e si rivolge ai giovani, un universo aperto ad emozioni, paura, cattiveria, gioia e libertà da imposizioni ma anche da condizionamenti. Potrebbe essere il suo un film didattico, pertanto da distribuire nelle scuole, visto che il bullismo e il razzismo, come lei dimostra, sono presenti nella scuola e nella società ma vengono superati con impegno e generosità?
Il Seme della speranza è stato scelto dal Ministero dell’Istruzione per essere distribuito in circa 130 scuole medie sul territorio nazionale e questo è per me una grande gioia, proprio perché voglio che i ragazzi lo vedano e possa far riflettere e spero favorire una maggiore integrazione.
Quale film avrebbe voluto interpretare e di quale avrebbe voluto firmare la regia?
Questa è una domanda a cui ho difficoltà a rispondere, me ne verrebbero in mente diversi, ma preferisco pensare a quelli futuri che potrei interpretare e/o dirigere … quelli passati forse è giusto che siano stati interpretati e diretti da quello che lo hanno fatto.
Ci può dire il nome del suo attore e del suo regista preferito?
Di attori bravi ce ne sono tanti e alcuni bravissimi che però non sono nemmeno nomi noti, dirne uno è difficile. Per quanto concerne i registi mi piace molto Tornatore che reputo il più grande regista contemporaneo italiano e tra i più bravi sul panorama internazionale.
Ultimissima domanda, cosa fa oggi Nando Morra e cosa farà domani?
Nando Morra, che forse sarei io, fa quello che ha sempre fatto, prova con impegno, umiltà e determinazione a fare quello che gli piace fare, recitare, dirigere e provare a reperire (con enorme fatica!) i fondi per realizzare nuovi prodotti. Sul cosa farà domani, credo uguale, ma si spera con un po’ meno sforzo nel reperire fondi che è un lavoro veramente frustrante, e lo è ancor di più nel vedere fondi andare verso chi non ama veramente il Cinema, con la C maiuscola, e spesso la qualità dei loro prodotti è pure di basso livello, a discapito di chi ha la settima arte che gli attraversa le vene e vorrebbe poterla esprimere.